Le tecniche del tatuaggio
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In passato erano particolarmente diffuse quelle basate sulla puntura e sulla cucitura. Il tatuaggio per puntura consisteva nel tracciare il disegno sulla pelle , con un pennello o ricorrendo a stampini incisi, e successivamente nel praticare delle punture molto vicine tra loro mediane un ago intriso della sostanza colorante preferita. Il tatuaggio per cucitura consisteva, invece, nel far scorrere sotto la pelle un filo imbevuto di colorante facendo attenzione a seguire le linee del disegno precedentemente tracciato.
I metodi utilizzati oggi sono tre: samoano, giapponese e americano. La tecnica samoana, per ora non rappresentata in Italia, introduce l'inchiostro sotto la pelle per mezzo di un bastoncino cavo e appuntito, che provoca un notevole dolore. La tecnica giapponese prevede che gli aghi siano fatti entrare nella pelle obliquamente, con minor violenza, ma comunque in modo abbastanza doloroso. Infine, la tecnica americana ricorre a una macchinetta elettrica ad aghi, che determina sensazioni calde, vibranti, ma non dolorose.
La componente della sofferenza segna una netta spaccatura tra il tatuaggio odierno, di stampo occidentale, e quello del passato, diffuso in Asia, Africa e Oceania. In tali contesti l'esperienza del dolore (che da noi viene rifiutata: qui è richiesta solo la tecnica americana) è fondamentale, in quanto avvicina l'individuo alla morte e la sopportazione del dolore diventa esorcizzante nei confronti della stessa.
Oltre all'esperienza del dolore, è indispensabile la perdita di sangue. Il sangue è l'indicatore per eccellenza della vita: spargere sangue, in modo controllato e ridotto, quando si esegue un tatuaggio, significa simulare una morte simbolica.
(Lucia Colombo)
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