L E I N T E R V I S T E
Marco Bellini è uno dei personaggi più significativi del mondo della notte. Nato a Trieste 34 anni fa, rappresenta una vera e propria icona, quasi un mito per tutti i frequentatori delle discoteche di tendenza. E sicuramente, al di là dei pregi e difetti che ha, è una delle pochissime persone gravitanti attorno all'ambiente della musica di tendenza ad aver fatto della coerenza la propria regola di vita: coerenza che lo porta a non cambiar mai il sound che propone - sempre minimale, ipnotico, ossessivamente strutturato su un eterno 4/4, senza alcuna concessione alla melodia o alle mode del momento - e il proprio look, visto che continua a proporsi in pubblico con capelli esageratamente ossigentati - alla Billy Idol, per intenderci -, abiti consunti e strappati in stile punk-metal e un numero inprecisato di orecchini, piercing e tatuaggi
    Come hai iniziato a fare il Dj?
Ho iniziato a Trieste, nei primi anni '80. Lavoravo bell'unico club alternativo della mia città, il "Fashion". Facevo musica punk, dance, perfino rap, un po' di tutto. Poi, nel '90, sono arrivato al "Movida" di Jesolo. Di lì sono passato alla "Scala" di Padova per poi finire - ma questa è storia attuale - all'"Area City" di Mestre e all'Aida" di Jesolo.
    Attualmente che genere musicale proponi?
La musica che suono adesso è conseguenza immediata del sound che proponevo una volta. Sicuramente non faccio niente di nuovo, ma nemmeno musica commerciale: credo che la mia musica sia seria. Se proprio dovessi etichettarla, direi che la mia musica è moderna. Non mi piace essere etichettato come progressive.
    Sei d'accordo nel ritenere che la musica da discoteca nelle sue varie forme - house, progressive, techno, commerciale - derivi essenzialmente dal punk degli anni '70?
Mah... sì e no. Certe cose sì, altre no. Chiaramente la techno più sperimentale deriva dal punk: entrambe sono musiche estreme. Musiche estreme perchè situate all'estremità del sistema... è in questo senso che io mi sono sempre sentito un estremista: non dal punto di vista politico, ma come ruolo che rivesto in questa società. Artisticamente, mi sono sempre sentito - e voluto sentire - una pecora nera...
    Quali sono i dischi che ti hanno cambiato la vita?
I primi album dei Ramones, grandissimi... Never mind the bollocks dei Sex Pistols. Poi Alice Cooper, che è stato il mio primo idolo musicale, quando ancora ero bambino. Ricordo che comprai Billion Dollar Babies con i soldi che mi diede mia mamma quando avevo appena nove anni. Da adolescente ho ascoltato tantissimo glam-rock: T.Rex, Marc Bolan, Gary Glitter, New York Dolls.
    Quali sono i gruppi degli anni '90 che più ti hanno entusiasmato?
Ce ne sono diversi... su tutti gli americani Warrior Soul, soprattutto The Space Age Playboys. E poi White Zombie: Astro Creep 2001 è un gran disco.
    ... e la rock-band che più hai amato e più ti ha ispirato?
Sicuramente i Suicide, Alan Vega e Martin Rev.
    Gruppi di frontiera come Primal Scream, Happy Mondays, Chemical Brothers, Prodigy hanno dimostrato chiaramente che la figura del Dj si situa sullo stesso piano di quella del musicista rock e non è più subordinata ad essa, come invece accadeva in passato...
Credo che la causa di tutto questo risieda nella rivoluzione punk del '77... prima del '77 la musica rock era appannaggio esclusivamente di grosse band composte da virtuosi della chitarra: basta pensare ai Led Zeppelin, agli Who... il punk ha rotto questa regola e ha dato la possibilità anche a persone non troppo brave tecnicamente, di cimentarsi con uno studio di registrazione e di fare un 45 giri. Lo spirito punk si è poi incarnato nel movimento house dell'88, che ha rappresentato una rivoluzione ancor più importante di quella punk: da allora le barriere sono veramente cadute, e oggi non sorprende più nessuno che una persona possa registrare un disco standosene a letto, grazie a un computer e a un campionatore. Non so prevedere quale sarà la prossima onda, non sono un genio.
Intervista di Emanuele Salvini
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