C'era una volta il french-touch. Bene. Poi hanno aperto le frontiere, e sono apparsi i Daft Punk. Ancora la Francia, quindi. A dirla tutta, Vitalic è creatura mitteleuropea, a metà tra origini ucraine, dj set a Monaco di Baviera, ma produzioni e influenze sono d'oltralpe. Si contenta di poco: un mixer, una pista, e il suo disco, il primo: "Ok Cowboy". Lasciatelo fare: ha creato un capolavoro.
Vitalic, al secolo Pascal Arbez, si muove su territori sonori che qualcuno ha con furbizia definito "disco-rock". Durezza e ritmo, trascinante, travolgente. Tra i suoi fan: White Stripes, Giorgio Moroder, Daft Punk, Tiga. La formula di Vitalic è la semplice fusione di questi stili, dal fascino indiscutibile; e infatti qualcuno se n'era già accorto nel 2001. Quel qualcuno non poteva che essere Dj Hell, che produsse "Poney Ep" per la sua Gigolos. Pochi brani, che ritroviamo anche qui, erano il biglietto da visita di questo francese che si fa vedere poco in giro, ma che alla prima prova sulla lunga distanza ha mostrato le zanne, aggredendo la ormai sfiatata scena electroclash. "Ok Cowboy" è un disco europeo, in tutti i sensi, dall'epico inno di gusto scandinavo di "Trahison" all'iniziale "Polkamatic", dove la più famosa marcia polacca viene sezionata dal bisturi digitale di Arbez e resta confinata nel tema dell'organo elettrico e distortissimo. La tracklist è composta con certosina attenzione, assemblata per creare un mix esplosivo. Non si prende fiato fino alla fine, un tappeto di cassa grezza è l'ingrediente principale del tutto, con tastieroni sgranati e visionari che disegnano un turbine di elementi. "Poney Part 1" è l'acqua dell'oceano, Vitalic mostra i muscoli della sua creatura, ancora allo stato primigenio subacqueo: la voce annega tra il possente organo e le lancinanti percussioni. Il fuoco brucia nel singolo "My Friend Dario", dove una buona dose di faccia tosta è indispensabile al funzionamento del testo ("Il mio amico Dario ha una supermegamacchina, guida per correre, guida per spaccare, e non gliene frega se si schianta"). Sfacciatissimo il giro di chitarra avvolto dal ritmo catchy, per non parlare delle rullate che accompagnano il basso in slap.
È tutto glamour, eccessi, rock'n'roll come suona nel 2005, con il poster di James Dean in camera, una mano sul volante e l'altra con la bottiglia di vodka. Videoclip in tema, con tutine di pelle nera, occhiali avvolgenti e rossetto a profusione. Non può che finire con lo schianto. ElectroCRASH. "Wooo" dura giusto il tempo di rimettere la macchina in piedi, una marcetta lirica di sfottò militaresco che deve ringraziare molto il tastierino magico di Manzarek. Il motore, truccato a livelli di Need For Speed, gira al massimo in "LA Rock 01". Sarebbe stato un crimine escludere questo brano, scongelato dal freezer 2001 senza alcuna modifica. Bello, grezzo, potente, trascinante. Dopo due minuti di crescita lenta del battito, l'esplosione naturale del riff in slide. Provate a restar fermi. Climax finale e chiusura in stile francese, con i giri del motore che salgono fino all'inverosimile. La nostra auto entra nel tunnel di "The Pas"t, favolosa epopea del vocoder che sfuma in un lungo omaggio ai Daft Punk e, perché no, anche a Jean-Michel Jarre (la splendida "No Fun"). Il vintage ritorna prepotente in "Poney Part 2", più drammatica e ballabile della sorellina esposta in precedenza. Ma non prendete ancora fiato. "Repair Machines" non ve lo permette, non potete fermarvi proprio ora. Una summa perfetta del Vitalic-style , una tigre che sbrana la pista e distrugge i concorrenti, con suoni da navicella spaziale che irrompono a dar fastidio a una voce fin troppo melodrammatica. Vale da sola il prezzo del biglietto, ma il nostro ci regala altri tossici imperativi, come lo sgranare gli occhi a mo' di Prodigy nella rivincita sul rock di "Newman", allucinata e impasticcata come non vedevamo da anni. Un inferno sonoro, roba da alzare le mattonelle da terra, un'energia senza fine, da bombola di ossigeno, non abbiamo ancora respirato un secondo da "Poney 1" a ora!
Il segreto di Vitalic è la sua capacità di catturare la tua attenzione, altrimenti non si spiegherebbe perché rimani a sperare fino alla fine in un cambiamento nelle due debolucce "Trahison" e (soprattutto) "U And I". E in conclusione non ci lascia alternative: o la marcia tra il tribale e il casalingo di "Valletta Fanfares" o niente. Impastata con lievito di casa Gigolos, è la nostra ultima riserva. È finita la benzina. In "Ok Cowboy" si balla dall'inizio alla fine, si gusta il cocktail di una festa dove tutto è concesso. È l'enigma dell'anno. Il fascino del retrò oppure la new way dell'elettronica? Disco-rock, fusione tra generi o solo una ruffianeria tamarra, buona per ballare quando si è ubriachi? Vitalic non risponde a questi interrogativi. A lui non interessa. Forse gli basta schiantarsi da qualche parte con la sua supermegacar dell'electro. |